Una giacca non è mai solo una giacca - Montague Ep. 10
«"Atlanta" gioca con il familiare e con il fantastico, quasi come fanno i miti e le fiabe. Gli elementi di fantasia creano una forma più intensa di spettacolo per il pubblico, dove nulla è esattamente come sembra, o la realtà funziona secondo un diverso insieme di regole. È una metafora piuttosto elegante per la differenza tra una visione del mondo istituzionalmente oppressa e una istituzionalmente sostenuta; niente si comporta come dovrebbe, e il mondo ha un senso di giustizia a volte comico, a volte tragico». È difficile trovare una sintesi di Atlanta migliore di quella fornita da Sonia Saraiya sulle pagine di Variety. La prima catalogazione che si fa di Atlanta è quella di "miglior racconto della black experience contemporanea" ed è giusto che sia così: nel momento storico in cui è andato in onda non esisteva ancora - figurarsi se era stato messo in pratica - quel processo di normalizzazione dell'esperienza nera al cinema e in TV. Quello di cui parla, in maniera però sbagliata (ho scritto una cosa sul tema qui, se volete) il nuovo film Netflix "Malcolm & Marie". Ma anche se mettessimo da parte la rilevanza di Atlanta come racconto della blackness, avremmo comunque un prodotto costruito secondo regole e strutture completamente nuove, avvincenti e capaci di riscrivere i canoni della TV. E non abbiamo visto ancora il meglio, probabilmente.
Ciao, bentornati su "Montague", una newsletter di Francesco Abazia (che sarei io) in cui ogni due settimane, partendo da un episodio di Atlanta, si prova (o meglio, io provo) a raccontare qualcosa sull'America o sulla black culture. Non vi chiedo se siete nuovi, ma qui potete rileggere tutte le puntate di questa newsletter, che oggi conclude la sua prima stagione.
Già, siamo già arrivati alla fine... dopo questo episodio "Montague" si prende una piccola pausa. Ho la necessità di concentrarmi su un'altra cosa, che qualcuno di voi avrà già intuito, e di farla bene. E poi sto pensando a come raccontare al meglio la seconda stagione di Atlanta, la famosa "Robbin' Season". Mi sposterò probabilmente su un nuovo spazio, Tinyletter ha fatto troppo spesso i capricci. Mantenete però l'iscrizione a questa newsletter, perché ogni comunicazione passerà da qui.
Era di carnagione chiara... ma non super-chiara
Atlanta era iniziata con un drop-out di Princeton che provava a fare il manager del suo cugino rapper-spacciatore, e finisce con il primo "stipendio" di quello stesso drop-out, che viene festeggiato finendo a dormire su una brandina di una cantina. Nel mezzo non abbiamo mai scoperto perché Earn ha abbandonato Princeton, né perché la sua relazione con Vanessa sia così assurda. L'ultima puntata di Atlanta non assomiglia a un'ultima puntata: non chiude davvero un cerchio, non fa succedere nulla di eclatante. Eppure funziona alla perfezione, perché ci da modo di comprendere il micro-universo di Atlanta che, come abbiamo visto in "Montague", serviva soprattutto per raccontarci una cosa che non conoscevamo, e cioè la black experience e tante, singole, sue declinazioni. Per l'ultima puntata della prima stagione di Montague ho dunque deciso di fare una rassegna delle migliori recensioni che abbia letto alla prima stagione di Atlanta.
The Atlantic - Atlanta's Brilliant Reckoning With Money: Spencer Kornhaber con una considerazione molto puntuale e giusta su tutto il percorso di Atlanta che ci mostra come, in fin dei conti, sia tutta una questione di denaro. Ma non di arricchimento, ma di denaro necessario per sopravvivere, quello che emerge dalla disperazione e dalla volontà di farcela per forza (Kornhaber inoltre celebra, come meritato, l'incredibile pezzo che chiude la stagione).
thrillist - 'Atlanta' Season 1 Gave Us All a Reason to Love It: Non vi è bastata "Montague"? In questo pezzo di Mike Jordan ci sono degli ottimi motivi per amare Atlanta. Uno in particolare mi ha colpito: «Molte persone hanno già tentato di fare ciò che Glover e coloro che lo supportano hanno portato a termine qui: un'esplorazione di cosa vuol dire essere nero, per tutto il tempo, senza alienare le persone che non lo sono. Atlanta si rende conto che aveva bisogno di un pubblico multidimensionale per avere successo, quindi ha trasformato abilmente l'esperienza di essere una cosiddetta "minoranza" in un'esperienza che praticamente tutti i non afroamericani avrebbero avuto anche solo guardando lo show».
This is Atlanta - How Donald Glover Creates Social Commentary: Thomas Flight è uno dei video-saggisti più bravi su YouTube. In questo video fa una analisi perfetta, da un punto di vista tecnico, di Atlanta e di come Donald Glover e Hiro Murai siano riusciti a creare una estetica incredibilmente riconoscibile - nel video c'è un minimo spoiler della seconda stagione della serie, ma potete sopravvivere.
Fast Company - Donald Glover: "We Never Wanted 'Atlanta' To Feel Important": Una lunghissima intervista di Nikita Richardson a Donald Glover, realizzata prima dell'uscita ufficiale di Donald Glover. Una intervista incredibilmente diretta, dove si parla in maniera molto onesta e dove Glover dice cose come questa: «Volevo davvero che fosse prima di tutto uno spettacolo divertente, d'altronde la vita reale è già abbastanza. Abbastanza folle e abbastanza strana e con abbastanza elementi folli da sembrare straordinaria a prescindere. Il nostro obiettivo non è mai stato davvero quello di far sentire le persone come, 'Oh, vedrò la blackness quotidiana', anche se probabilmente è proprio quello che succederà». E infatti. Atlanta - It’s hard to explain Atlanta to outsiders, but FX’s Atlanta gets it: Oltre tutte le cose belle che leggerete, e che magari avete già letto, in giro su Atlanta, c'è anche da aggiungere il fatto che Atlanta è una serie che riesce a descrivere benissimo Atlanta, la città. Ne abbiamo parlato tanto su "Montague" ma questo commento di Errin Haines Whack lo spiega sicuramente meglio.
The Undefeated - Welcome to 'Atlanta': Una spiegazione abbastanza completa di cosa intendiamo quando diciamo che "Atlanta racconta la blackness meglio di ogni altra cosa in TV", in questo lungo pezzo di David Dennis Jr. Un pezzo che parte da Atlanta, la città, passa da Donald Glover e finisce con Atlanta, la serie, tre cose che sono inscindibili tra loro.
The New York Times - ‘Atlanta’ Walks a Line Between Magic Realism and Keeping It Real: Wesley Morris è uno dei più bravi giornalisti a spiegare la black pop culture in America. Questo lungo pezzo riesce a contestualizzare Atlanta nell'America del tempo, un posto molto strano e un periodo probabilmente irripetibile: «Donald J. Trump ha assecondato una passione per l'equazione tra vita nera e inferno: la felicità è scarsa e la miseria, la povertà e la violenza affliggono tutti. Questo è il punto di vista di un uomo bianco sulla vita dei neri, l'unico che vede nel suo televisore - nel 1989, quando I Robinson erano gli unici afroamericani di spicco visibili tra le immagini di notizie di persone di colore "pericolose". La televisione nel 2016 ... dovrebbe rimproverare e allo stesso tempo complicare questa valutazione disumanizzante. E l'unico spettacolo che lo fa ... al momento, è “Atlanta"».
Atlanta Studies - All Black Everythang: Aesthetics, Anecdotes and FX’s Atlanta: Uno dei pezzi più belli e interessanti mai letti su Atlanta, che (stranamente, mi verrebbe da dire), arriva da un accademico, Maurice J. Hobson, autore peraltro di un libro molto bello, "The Legend of the Black Mecca".
Qualche giorno fa Hollywood Reporter ha annunciato un accordo da capogiro tra Donald Glover e Amazon Studios. Tra le prime cose che usciranno ci sarà sicuramente "Mr. & Mrs. Smith", l'adattamento TV del celebre film, realizzato insieme a Phoebe Waller-Bridge. Ma altrettanto interessante è "Hive", un progetto a cui pare Glover stia lavorando anche con l'aiuto di Malia Obama e che parlerà di, più o meno, Beyoncé. E poi ancora un canale curato da Glover e chissà quante altre cose.
Tutto questo senza mai dimenticare le stagioni 3 e 4 di Atlanta, le cui riprese inizieranno a marzo 2021. Insomma, se vi piace Donald Glover - e se siete iscritti a questa newsletter credo vi piaccia - direi che c'è di che essere felici.
Noi ci fermiamo qui, questa newsletter si prende una piccola pausa per tornare, più forte di prima, presumibilmente ad aprile. Grazie mille a chiunque abbia aperto anche solo una puntata di "Montague", a chi la aspettava ogni domenica, a chi mi ha scritto di aver scoperto Atlanta grazie al mio lavoro. Era un po' questo l'obiettivo, oltre a provare a raccontare delle storie che credo siano importanti e che mi piace raccontare.
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